In memoria di Elena Aubry

Cara mamma di Elena Aubry, anche se hai un nome ti ho sempre chiamata così, perché ti riconosco il ruolo di madre, prima ancora di quello di essere umano. Ti ho scritto molte volte, sulla mia pagina facebook, ma nulla di ufficiale, non me la sentivo. Di vite spezzate purtroppo ne sento parlare tutti i giorni e di Elena ricordo benissimo. Diciamo che, seppure dovrei essere avvezza a questo tipo di notizie che si ripetono nel quotidiano, ogni volta per me è un dolore sempre nuovo, perché sono giovani vite interrotte e famiglie distrutte, che sopravvivono. C’è una grande differenza tra “vivere” e “sopravvivere”, alzarsi al mattino da morti viventi e cercare di arrivare la sera talmente stanchi da farsi rapire dal sonno, con la speranza e la consolazione di non pensare. Cara mamma di Elena, ho seguito da vicino le tue battaglie sulla sicurezza stradale e letto tutti gli articoli in rassegna. Li ho letti non come fatti di cronaca, ma con enorme partecipazione. Notavo i tuoi sforzi nel far convergere il dolore in azione, in qualcosa di concreto, fattivo, perché quello che provi è talmente insopportabile che vorresti evitarlo a qualcun altro. Questo ti fa onore, sicuramente, ma a volte mi sono chiesta: quando riuscirà a dimostrare la causa del sinistro per condizioni legate al manto stradale, si potrà mai dare pace? No, pensavo io, sarà anche peggio, perché è impossibile darsi pace quando non c’è responsabilità personale e quando bastava poco per evitare una tragedia. Elena quel giorno era nel famoso posto sbagliato, al momento sbagliato e allora cominciano la sfilza di “se” , di “perché” e di “ma” che non riportano indietro tua figlia, ma ti logorano sempre di più in una miscela di rabbia e desiderio di cambiare il mondo. Forse adesso sai da dove partire, sai che devi continuare a lottare, ma mamma il tuo dolore è talmente forte che in ogni cosa che dici e che fai arriva dritto al cuore, almeno al mio. Leggevo le tue lettere, i tuoi pensieri ad Elena sulla pagina facebook in sua memoria e mi devi credere se ti dico che sono parole talmente strazianti che ci sono stata male per un bel po’. Vedi mamma, anche se le persone non si conoscono subentra una sorta di immedesimazione e solidarietà e si diventa spugne del dolore altrui. Ci sono degli accadimenti ingiusti, inaspettati e la morte di Elena è uno di questi. A volte mi sono soffermata a pensare al tipo di morte che si potrebbe accettare, ma per un genitore non ne esiste nessuna. La malattia che logora, un omicidio, un incidente, una malformazione, nulla dà pace ad una madre che si vede strappare dalle viscere un figlio, perché è una morte innaturale, perché è il dolore più grande al mondo, perché non ci sono sedute di analisi che tengano e farmaci che contengano, quando il cuore è disintegrato in mille pezzi e si vive sperando che un altro giorno di dolore passi presto. Cara mamma, avevo scritto una poesia dedicata alle vittime della strada, te la invio in memoria di Elena. Non preoccuparti che la tua ragazza è radicata in molti cuori e in tante memorie e da li nessun evento fortuito potrà rimuoverla. Sta qui perché fino a quando sarai in vita tu mamma, Elena sarà dentro di te, non in pancia questa volta, ma nel tuo cuore, nei tuoi pensieri e nelle tue azioni.

Luciana Gesualdo

 

Alle Vittime della strada

 

Vite incrociate, vite spezzate.

Fiori freschi, smunti, finti, impolverati

colorano il buio di chi resta.

Foto di un tempo che fu,

ritratti di felicità passata, finita per sempre,

immortalata là dove regna il silenzio, l’angoscia, il ricordo dell’ultimo attimo di vita.

Scritte, lettere, parole gridate nel vuoto

ed amplificate dal vento per non dimenticare.

Testimonianze sempre vive incrociano gli occhi di tutti e toccano il cuore di molti.

Mai polvere sulle lacrime di chi resta


sopravvivendo alla disperazione,

ai tanti “se” ed agli innumerevoli “perché” senza risposta.

“Com’è difficile trovare l’alba dentro l’ imbrunire”